I Maledetti

I MALEDETTI

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(gli uomini del male nel teatro shakespeariano)

un progetto sull’interazione di parola e musica

con Valeriano Gialli e la cantante Paola Zara

regia Daniela Ardini e Valeriano Gialli

scelte a cura di Guido Davico Bonino da Shakespeare e Verdi

da Shakespeare: Re Enrico VI – 1589: Jack Cade – Riccardo III – 1592: Riccardo III
- Tròilo e Crèssida – 1601: Ulisse -
Misura per misura – 1603: Angelo -
Otello – 1604: Jago e Otello -
Macbeth – 1606: Macbeth e Lady Macbeth

da Verdi: Otello (Desdemona) e Macbeth (Lady Macbeth)

I MALEDETTI mette in scena, attraverso le parole di SHAKESPEARE, 8 suoi “captivi”, otto personaggi prigionieri dei loro folli impulsi verso il male. Sono tutti insoddisfatti del loro destino, ambiziosi, invidiosi, vendicativi e crudeli perché non accettano la loro condizione: Jack Cade, rivoluzionario velleitario; Riccardo III, assassino per vendetta contro il destino; Ulisse, ignobile ingannatore; Angelo, adescatore di fanciulle; Jago, calunniatore per invidia; Otello, assassino e suicida per gelosia; Macbeth e Lady Macbeth, assassini di adulti e bambini per ambizione.

I MALEDETTI prende le mosse da un personaggio minore dell’ Enrico VI, Jack Cade, sconosciuto ai più. Un rivoluzionario folle e ingenuo, che vuole diventare re per abbassare i prezzi e uccidere tutti gli avvocati.
La sua malvagità è dovuta al suo carattere iroso e violento, che gli fa uccidere qualche nobile e mettere a sacco la City of London, mentre il re è fuggito dalla paura. Ma poi il destino gira e Jack si ritrova in un giardino dove muore di fame in preda alle allucinazioni.
Lo spettacolo procede per espansione di questa situazione: nell’orto dove si è rifugiato, le allucinazioni della fame gli fanno immaginare la sua anima trasmigrare nei corpi dei personaggi più abietti che Shakespeare scriverà negli anni seguenti, in un crescendo di follia e di rispecchiamenti fino a che, una volta diventato re, sarà Macbeth, il più sanguinario di tutti.

I MALEDETTI è la storia di un’anima che, ghermita dalle tentazioni del mondo, cambia corpo. Il corpo del personaggio muore, ma l’anima s’installa in un nuovo corpo, un nuovo personaggio, un’altra metamorfosi del male. E’ la stirpe dei malvagi, il cui talento si trasmette come un virus da un personaggio all’altro. Jack è un perdente e fa tenerezza, ma se prende il potere, diventa Macbeth.

Questa favola scenica di un’ora potrà essere letta prima di tutto come una sorta di sguardo sull’evoluzione cronologica della stirpe dei malvagi shakespeariana, da Jack Cade, appunto, in un viaggio di rabbia e ironia, attraverso malvagità e delitti per vendetta (Riccardo III), per inganno (Ulisse di Tròilo e Crèssida), desiderio sessuale (Angelo di Misura per Misura), invidia e calunnia (Jago), omicidio per ossequio al conformismo (Otello), fino ad arrivare alla battuta finale di Macbeth:

“La vita non è che un’ombra che cammina, un povero attore che si pavoneggia e si agita per un’ora sulla scena del mondo, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un’idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla” che mostra l’esito della disperazione di ogni stirpe di malvagi.

Un influente studioso di Shakespeare ha detto “Il tema principale dei drammi morali di Shakespeare è la trasformazione di un principe scapestrato in un re ideale”.
Al contrario, il tema sotterraneo di questo I MALEDETTI è la trasformazione di un ribelle scapestrato nel tiranno più crudele e sanguinario. Il quale però, interrogandosi sul senso della vita e del proprio destino, comprende che praticare il male porta l’uomo non solo a soffrire all’ inferno, ma anche, tremendamente, in questa vita stessa.

In questo senso anche I MALEDETTI si mostra quasi come un’operina morale medievale. Come quei cicli popolari dipinti a quadri successivi nelle navate delle chiese, che dispiegano davanti agli occhi degli spettatori gli episodi dell’anima assalita dalle tentazioni più malvage.

Così la critica:

Dramma.it

I maledetti

scritto da Maria Dolores Pesce

 

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il segno dominante è il “potere” come modalità, anch’essa tipicamente di genere, di rivalsa e risoluzione identificativa ancora più cogente e inflessibile in presenza di limitazioni fisiche ed esistenziali. Il potere come recupero di una onnipotenza che il genere maschile sembra sognare e alla cui impossibilità finisce per sacrificare la propria essenziale autenticità.
Tale relazione cresce e diventa sempre più evidente in questa drammaturgia fino ad esplodere, passando man mano per “Misura per misura” e soprattutto “Otello”, in Macbeth ove è sottinteso lo schermo che della sua Lady si fa l’incerto Macbeth per portare a termine il suo disegno ed insieme sgravarsi delle responsabilità sulla consorte, condotta alla pazzia e alla morte. Ed è una relazione allora irrisolta, ed ancora oggi forse irrisolta, la cui mancata risoluzione sembra la causa prima del fallimento finale e della morte dei protagonisti.
Una messa in scena costruita, talora fin troppo esplicitamente, sulla commistione dei linguaggi, dai toni efficacemente alternati su alto e basso, e dalle sintassi abilmente amalgamate, tra drammaturgia e musica, che riferisce, a mio avviso, della lezione sanguinetiana che invitava, nella riproposizione di Shakespeare, a non trascurare Verdi e il suo librettista Piave.
La regia di Daniela Ardini e Valeriano Gialli ne sottolinea l’attrazione onirica e allucinata, talora alleggerendola con l’ironia e la sovrapposizione di toni da cabaret, travolti infine dalla passione tragica del finale, cui l’interferenza del cantato verdiano conferisce potenza comunicativa e significante. Protagonista in scena un bravo Valeriano Gialli, dalla predisposizione recitativa su toni ironici e talvolta comici ma efficace anche nelle riproposizioni tragiche. Accanto a lui nei due quadri finali, gli anche verdiani “Otello” e “Macbeth”, Paola Zara soprano dalla bella voce e dalla efficace presenza scenica. Spettacolo già valido e, credo, in possibile positiva evoluzione, applaudito dal pubblico presente.